L’opinione
di Spartacus
Con la lettera dei 4 Ministri
Il generale di Corpo d’Armata “con incarichi speciali” Speciale è un militare a tutto tondo. Accademia, incarichi di comando e direttivi, una carriera nell’Esercito sino all’acme, le “tre botte” poi la quarta di Comandante del Corpo della Guardia di Finanza.
Nulla fa pensare o prevedere che un ufficiale che è stato (certamente) più volte comandante di corpo, e quindi capo della polizia militare in stretta collaborazione col procuratore militare (della Repubblica) di giurisdizione, non conosca il “Regolamento” od i Codici militari. In caso contrario sarebbe nullità assoluta da non meritare nemmeno queste note.
La domanda successiva (una delle domande) è questa: quando il generale Speciale non si presenta al “passaggio di consegne” col suo successore si rende conto di avere infranto non solo l’essenza del Regolamento di disciplina (dove maggiore responsabilità comporta maggiori o addirittura superiori doveri), ma di avere commesso una serie di reati esplicitamente previsti dal CPMP -che non risulta abrogato-?
Ha commesso il generale Speciale “attività sediziosa” ?
Parrebbe di si dal momento che il suo comportamento si può benissimo configurare fra quelli “di una attività diretta a suscitare in altri militari il malcontento…”.
Qualcuno lo persegue per questo? Nell’Italia dove si mette in galera per qualche spinello in più, pare di no.
Ci auguriamo che il procuratore Intelisano rifletta sulla faccenda. (Molti militari hanno, anche di recente scontato la “fortezza” per molto meno).
Il generale Speciale, poi arrivano gli altri, ha commesso il reato di “violata consegna” non presentandosi proprio al dovuto “passaggio di consegne”?
Certamente si. (Quotidianamente decine di militari sono incriminati e condannati per lo stesso reato, ma non sono generali in comando).
Il generale Speciale ha commesso il reato di “insubordinazione”?
Forse si, ma occorrerebbe provarlo davanti ad un Tribunale Militare.
Cosa aspetta la Magistratura? Che il Governo gli offra un posto al CSM?
Se, a questo punto, qualcuno pensasse ad un bieco discorso antimilitarista, allora si sbaglia di grosso.
Il caso del generale Speciale ( e prima Pollari, ma per motivi diversi perché Pollari sapeva che un governo serio non lo avrebbe dovuto seguire in operazioni coperte penalmente rilevanti, ma lo hanno in effetti “coperto”) è solo paradigmatico di come lo sbando dell’ 8 settembre (una volta avversato e fermato da Togliatti) sia ripreso con virulenza in terra italica.
Il presidente del consiglio dei ministri (che pure per legge sceglie, dà fiducia ai ministri) raccomanda al ministro TPS (così lo chiamano) di non fare fesserie nel frattempo di una propria visita in Europa.
TPS, che l’aereo non ha liberato il carrello d’atterraggio, “sputtana” il capo del proprio governo sul tema delicatissimo delle pensioni nello stesso momento in cui, l’amico e capo della Confindustria, delegittima d’un sol colpo: Governo e Sindacati.
8 settembre ? si, ma alla rovescia.
Carlo Azelio Ciampi, prima resistente anti nazi-fascista, raccontava lo sbando degli alti comandi (Re compreso –c’era fra questi un Cordero di Montezemolo, poi in fase redentiva, fucilato da Kesserling) dopo l’8 settembre. Oggi lo sbando “antidemocrazia” parte dalla base.
Pardon.
Parte da quegli elementi che, abituati al liberismo berlusconiano, vedono nell’attuale governo di centrosinistra l’ultima spiaggia in difesa della legalità; vedono poi nella Sinistra l’unico ostacolo alle loro brame.
Fa specie che Claudio Rinaldi, sull’Espresso, attacchi Visco come antipatico, impopolare e nocivo all’economia del paese; farebbe specie se dimenticassimo che Rinaldi, ex direttore dell’Espresso (che comunque rimane uno dei periodici più affidabili) dipende sempre da un altro magnate della stampa e dell’industria-finanza.
Avevamo ascoltato con molto sospetto l’uscita di Montezemolo contro il Governo ed il Sindacato, ma pur pensando le stesse cose cui si è poi riferito Epifani, avevamo un certo pudore ad esternarle perché –ci pareva- troppo offensive nei riguardi di Confindustria ed i suoi iscritti. Ma la vigorosa risposta dei sindacati invece che farci piacere (“la pensiamo allo stesso modo”) ci spaventa ancora di più.
Perché l’uscita di Cordero di Montezemolo dà un crisma di ufficialità alle sparate antilavoratori di Ichino che, pur facendo retromarcia, ritorna a straparlare ,dopo l’avallo del capo, per la sua crociata contro i “fannulloni”. La terminologia è la stessa, gli obiettivi uguali: ridurre all’angolo i lavoratori e chi li rappresenta; demolire la Sinistra ed instaurare il “governo delle larghe intese” dove larghe sta per quanto si dovrà aprire la borsa dello Stato per accontentare Montezemolo e Confindustria.
Come gli sciacalli all’odore del putrido lasciato dal leone costoro accorrono per spartirsi le ventilate spoglie (tesoretto) che giammai dovranno andare al mondo del lavoro notoriamente fannullone.
Il sindacato è inutile, venite con noi che vi rifacciamo le “corporazioni” come nel ’39 e sarete felici e contenti perché, magari, vi daremo la tessera annonaria per i vostri bisogni.
Questi discorsi atri e condivisi (anche da Boselli che vorrebbe entrare nella futura Sinistra) acquistano un valore ancor più negativo se anche il Governo taccia di “irriducibili” (come per i brigatisti, quattro suoi Ministri che chiedono –solo- una particolare attenzione al mondo dei lavoratori in grave sofferenza.
Immaginiamo che non si debba fare l’errore che fu commesso nel 21 e 22 anche da una parte del PcdI e non si sottovalutino questi tentativi di presa di potere dei “novelli agrari”. Sono, oggi molto, ma molto, più forti di allora.
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“Caro Romano,
ti scriviamo questa lettera innanzitutto per segnalarti la nostra forte preoccupazione relativamente al modo in cui viene condotta la trattativa con le parti sociali.
Non condividiamo infatti la posizione con cui il governo – e segnatamente il ministro dell’economia – affronta questa trattativa. Da un lato le risorse messe a disposizione per affrontare i temi sul tappeto sono troppo limitate e dall’altro il balletto delle cifre determina un quadro francamente incomprensibile per il Paese tutto.
Noi riteniamo che la drammatica emergenza sociale che abbiamo ereditato dalle sciagurate politiche del governo Berlusconi, debba essere affrontata di petto, in coerenza con il programma che ci siamo dati e su cui abbiamo vinto le elezioni. Questo a partire da: lotta alla precarietà, attraverso il superamento della legge 30; impegno relativo ai cambiamenti climatici tramite l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili e la mobilità sostenibile; definizione di un serio intervento per l’edilizia pubblica; rilancio della formazione e della ricerca scientifica; abolizione dell’iniquo scalone sulle pensioni questione sicurezza”, così sentita nel Paese, deve essere affrontata prima di tutto con la ricostruzione di un sistema di sicurezza sociale e ambientale. A tal fine il contributo del governo nella redistribuzione delle risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale deve essere netto ed inequivoco, non acconsentendo a quelle richieste di riduzione del debito a tappe forzate che provocherebbero solo danni al paese, sia sul piano sociale che economico, e anche su quello delle specifiche politiche della sicurezza delle persone.
Ti chiediamo quindi di imprimere al Confronto con le parti sociali la necessaria svolta capace di rispondere positivamente alle ragioni che ci hanno portato a vincere la sfida elettorale dell’anno scorso.
Inoltre, proprio per la rilevanza che la politica economica ha sui destini del paese, riteniamo che la discussione sul Documento di Programmazione Economica e Finanziaria non possa ridursi ad una sua frettolosa ratifica all’interno di una seduta del Consiglio dei Ministri. Se l’anno scorso abbiamo dovuto lavorare in una situazione di emergenza, quest’anno è indispensabile adottare un metodo di discussione e decisione effettivamente collegiale. Il DPEF deve poter essere discusso e valutato, sia in sede politica che con le parti sociali, in modo da farne un documento di effettiva programmazione economica, discusso e concordato in una procedura trasparente, nel rapporto con la maggioranza, le forze sociali, il paese.
Riteniamo pertanto che il testo del DPEF debba essere messo a conoscenza dei Ministri e delle parti sociali un congruo numero di giorni prima della data prevista per la sua approvazione in Consiglio dei Ministri”.
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